Lunedì della IV settimana di Pasqua (Conversione di S. Paolo)
Dal Vangelo secondo Giovanni 10,1-10
In quel tempo, Gesù disse: "In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei".
Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.
Allora Gesù disse loro di nuovo: "In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza".
Commento
La porta, la porta! Quante volte ho fissato la porta delle segreterie dei miei oratori, in quest’ultimo anno. Una porta sempre aperta, alla quale tanta gente bussava ogni giorno, chi per un saluto, chi per scambiare due parole, chi per versare le sue lacrime, chi per prelevare i materiali necessari alle attività che animavano la vita quotidiana. Quanto è stata chiusa, quella porta, Signore! E tu oggi dici di te stesso: “Io sono la porta delle pecore”, suggerendomi che la chiave per l’apertura di questa porta è l’ascolto. Ma...è proprio quello che abbiamo fatto, Signore! Non potendoci incontrare, abbiamo ascoltato di più, ci siamo ascoltati di più gli uni gli altri, ed è stato bellissimo. E ci siamo chiamati per nome. Stupendo! Quando uno ti chiama per nome, che tu lo conosca tanto o poco, lo senti vicino, perché la parola che deve rivolgerti è per te. E tu, Signore, ci chiami per nome: il tuo non è un appello indifferenziato all’ascolto di un messaggio standard, ma l’annuncio dell’amore di un Dio morto e risorto per noi, rivolto a ciascuno di noi. Siamo figli amati e chiamati ciascuno per nome. Come fuggire da un Dio così? Percepisco di aver bisogno di mettermi sempre di più alla scuola dell’ascolto della Parola, di quella Parola che mi fa vivere, di quella Parola che poi spetterà a me regalare agli altri, “perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza”.
Oggi telefonando a una persona che conosco e si trova in una situazione di difficoltà, chiederò: “Come stai?” e resterò in ascolto.