In quel tempo, Gesù, quando ebbe terminato di rivolgere tutte le sue parole al popolo che stava in ascolto, entrò in Cafàrnao.
Il servo di un centurione era ammalato e stava per morire. Il centurione l'aveva molto caro. Perciò, avendo udito parlare di Gesù, gli mandò alcuni anziani dei Giudei a pregarlo di venire e di salvare il suo servo. Costoro, giunti da Gesù, lo supplicavano con insistenza: «Egli merita che tu gli conceda quello che chiede - dicevano –, perché ama il nostro popolo ed è stato lui a costruirci la sinagoga».
Gesù si incamminò con loro. Non era ormai molto distante dalla casa, quando il centurione mandò alcuni amici a dirgli: «Signore, non disturbarti! Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto; per questo io stesso non mi sono ritenuto degno di venire da te; ma di' una parola e il mio servo sarà guarito. Anch'io infatti sono nella condizione di subalterno e ho dei soldati sotto di me e dico a uno: "Va'!", ed egli va; e a un altro: "Vieni!", ed egli viene; e al mio servo: "Fa' questo!", ed egli lo fa».
All'udire questo, Gesù lo ammirò e, volgendosi alla folla che lo seguiva, disse: «Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!». E gli inviati, quando tornarono a casa, trovarono il servo guarito.
Commento
Quando è in pericolo la vita di una persona a noi molto cara, la nostra parte di emotività prende il sopravvento e alcune reazioni risultano sempre un po’ distanti da come si potrebbe agire con razionalità. Rischiamo parole e gesti per così dire strani, ci sentiamo paralizzati per il troppo dolore. Va così, perché siamo fatti di carne, siamo fatti di terra e di cielo, ed i nostri legami ci arricchiscono e ci svuotano allo stesso tempo, ma dicono qualcosa di noi, di ciò che siamo. Riflettevo su come quest'uomo reagisce: un uomo che ha un ruolo di autorità e dei valori in cui credere, che ha a cuore la vita dei fratelli, un uomo che è umile perché consapevole dei propri limiti. Si serve…manda delle persone perché possano pregare al posto suo. Non si sente degno, non si sente all’altezza. La preghiera, l’affidamento non solo per sé ma anche per altri, l'intercessione, l'attaccamento a Dio, la fede, soprattutto quando ci sentiamo piccoli e persi, diventano tutto. Anche di fronte a quelle situazioni della vita, non per forza drammatiche ma molto quotidiane, dentro le quali non sempre ci è dato di comprendere le piccole perdite, i fallimenti, i lutti. Credo sia questo il vero segreto per essere uomini, rimanere attaccati a Lui che è la ricchezza più grande. Questo ci fa piccoli e poveri, ma capaci di custodirci gli uni con gli altri.
Nel silenzio della preghiera prendo del tempo per comprendere come reagisco di fronte ai miei piccoli o grandi fallimenti.
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