In quel tempo, presentavano a Gesù dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono.
Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso».
E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, ponendo le mani su di loro.
Commento
L’immagine che questa pagina del vangelo di Marco evoca è molto naturale ed umana. Le persone si avvicinano a Gesù e gli presentano dei bambini. I discepoli sono ligi al loro dovere di stare accanto al maestro come guardie del corpo per proteggerlo e per non farlo affaticare o soffocare dalla folla. Ma è Lui che li vuole incontrare: “Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio”.
Mi è capitato spesso di assistere a delle discussioni su quando incominciare a proporre l’educazione alla fede ai bambini e a chi spetta questo compito: ai genitori? alla parrocchia? ai catechisti? Sono discussioni che credo lascino il tempo che trovano se impariamo ad osservare con più attenzione i bambini e abbiamo cura delle parole che usiamo e poniamo la giusta premura ai gesti che facciamo in loro presenza o condividiamo con loro. Infatti se le nostre parole sono accoglienti e i nostri gesti sono affabili, sono questi che diventano come un “tappeto rosso” che si stende davanti ai nostri fratelli più piccoli per facilitare l’accesso all’incontro con Gesù che li accoglie e li benedice.
Durante la giornata di oggi provo a guardare con occhi benevoli i bambini e i ragazzi che incontro e mi chiedo: io con le mie parole e i miei gesti sono ostacolo o “tappeto rosso” all’incontro dei fanciulli con Gesù?