In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: "Il Figlio dell'uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà". Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.
Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: "Di che cosa stavate discutendo per la strada?". Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: "Se uno vuole essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servitore di tutti".
E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: "Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato".
Commento
Nel corso della sua vita pubblica Gesù percorre in lungo e in largo le strade della Palestina, tanto che pare non avere mai una casa in cui sostare. Gli stessi evangelisti non descrivono i luoghi in cui il Signore abita, mostrando un Gesù sempre in cammino. Eppure questo brano mi suggerisce che il Signore sa bene cos’è una casa. Infatti, pur conoscendo la discussione che anima i suoi apostoli, non risponde loro lungo la strada, ma attende di essere «in casa», nell’intimità con loro. Egli sta rivelando ai suoi discepoli il mistero inaspettato di un Dio che sceglie la via della croce per salvare l’uomo, ma per essere compreso tale mistero necessita di un “ambiente adatto”, di un cuore pronto. I discepoli non sono ancora pronti, tant’è che non comprendono le parole del Signore e sono intenti a discutere sul proprio ordine di grandezza. Ma Gesù, come sempre, non li lascia soli, entra nella loro casa e da il giusto significato al loro discorso mostrando che la vera grandezza è il servizio, il vero primato è l’umiltà. Così il bambino, nella sua piccolezza e fragilità, è immagine della vera grandezza. Più sapremo farci piccoli e umili come i bambini, più saremo avvolti nell’abbraccio paterno di un Dio che non rivendica accoglienza, ma chiede ospitalità, perché unica casa che il Signore desidera è il nostro cuore.
Ripenso alla settimana che si conclude: Ho accolto Dio nel mio cuore? Ho cercato la grandezza nella prevaricazione e nel riconoscimento o nell’umiltà dei piccoli servizi che mi sono possibili nel quotidiano?
Cerco di individuare opportunità di incontro con il Signore nella settimana che si apre.
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