In quel giorno, mentre si trovavano insieme in Galilea, Gesù disse loro: «Il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno, ma il terzo giorno risorgerà». Ed essi furono molto rattristati.
Quando furono giunti a Cafàrnao, quelli che riscuotevano la tassa per il tempio si avvicinarono a Pietro e gli dissero: «Il vostro maestro non paga la tassa?». Rispose: «Sì».
Mentre entrava in casa, Gesù lo prevenne dicendo: «Che cosa ti pare, Simone? I re della terra da chi riscuotono le tasse e i tributi? Dai propri figli o dagli estranei?». Rispose: «Dagli estranei».
E Gesù replicò: «Quindi i figli sono liberi. Ma, per evitare di scandalizzarli, va’ al mare, getta l’amo e prendi il primo pesce che viene su, aprigli la bocca e vi troverai una moneta d’argento. Prendila e consegnala loro per me e per te».
Commento
Una prima lettura di questo testo potrebbe far pensare a un errore di redazione quasi imperdonabile. Qual è il senso, infatti, di associare un passaggio fondamentale della vita di Gesù, uno degli annunci della passione, a una richiesta tanto polemica quanto meschina? Al posto dell’evangelista Matteo, probabilmente avremmo rinunciato alla seconda parte di questo testo, che sembra non avere nulla da spartire con le parole di Gesù che lo inaugurano. Eppure, se proviamo a rileggere con attenzione, tenendo ben presente l’intera vicenda dell’esistenza di Gesù di Nazaret, non possiamo non riconoscere nella scelta di Matteo un vero e proprio “colpo di genio”. Infatti, il testo, con l’annuncio della passione di Gesù, ricorda che Egli è colui che dona tutto se stesso, senza riserve; potremmo dire, in altre parole semplici ma non banalizzanti, che Gesù, per la nostra salvezza, è disposto a pagare di persona e a pagare per tutti! A volte, però, questo ci sfugge e, magari, senza che ce ne accorgiamo, scivoliamo in forme di fede “retributiva”, ben rappresentata da quella domanda dell’addetto alla riscossione delle tasse: “Il vostro maestro non paga la tassa?”. A volte anche noi abbiamo la percezione che, in fondo, per avere qualcosa da Dio sia necessario “pagare”, istituendo una sorta di baratto nel quale si acquista una prestazione divina a suon di riti, offerte e preghiere recitate per consuetudine. Eppure Dio non si scandalizza di questo, come mostra il gesto splendido della moneta tratta dalla bocca di un pesce, immagine della Provvidenza: egli continua a proporre il Suo Amore nella speranza che noi comprendiamo che in Lui tutti siamo salvati.
Oggi ripeterò, nella mia preghiera personale: “Signore, mi hai salvato donando Te stesso”.
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